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Archivi Mensili: novembre 2016

Il bilancio degli incontri del Cipes e le ragioni del No

29 martedì Nov 2016

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Si è chiuso con la serata dedicata al rapporto tra Stato e Regioni il ciclo di incontri del Cipes – Centro d’Iniziativa Pistoiese per l’Economia ed il Sociale che ha avuto come riferimento il libro “Una Costituzione migliore?” di Emanuele Rossi, ordinario di Diritto Costituzionale alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Un mese di riflessioni e dibattiti, intenso e gratificante, un percorso finalizzato ad analizzare i contenuti della riforma costituzionale che saremo chiamati a giudicare con il referendum del 4 dicembre. Un impegno serio per un voto consapevole, al termine del quale la nostra associazione ritiene di dover esprimere una posizione. Dopo aver esaminato con cura pro e contro del testo di riforma, siamo dell’opinione che debbano prevalere le ragioni del No. Entrando nei dettagli, elenchiamo i principali motivi della nostra scelta:

 

IL NUOVO SENATO. Il superamento del bicameralismo paritario era uno degli obiettivi della riforma. Ciò che scaturisce dall’analisi del testo, tuttavia, è un bicameralismo imperfetto che lascia al Senato una sostanziosa serie di funzioni e competenze. Alla luce di questo, suscitano non pochi dubbi la composizione (sarà formato da consiglieri regionali e sindaci, i quali non è assolutamente scontato che abbiano il tempo e la preparazione necessari per assolvere ai compiti che la riforma attribuisce loro, tra i quali vi sono la produzione di leggi di revisione costituzionale, la valutazione delle politiche pubbliche e dell’attività delle pubbliche amministrazioni e la partecipazione alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche UE), il rischio di maggioranze diverse e contrapposte, l’effettiva capacità di di rivestire il ruolo di rappresentanza territoriale e di raccordo Stato-Regioni a cui il Senato è chiamato.

 

LE NUOVE PROCEDURE LEGISLATIVE. Le statistiche sull’uso della cosiddetta “navetta parlamentare”, ovvero il sistema di rinvio tra Senato e Camera in presenza di emendamenti al testo, indicano chiaramente che la causa delle lungaggini non è il bicameralismo paritario ma la composizione delle due camere, conseguenza diretta della legge elettorale. Analizzando la profonda modifica dell’articolo 70, si è osservato che per le leggi monocamerali si configura un aumento apparentemente inutile di procedure di produzione, peraltro privo di criteri chiari di classificazione: il rischio di conflitti di attribuzione che ne deriva non prevede meccanismi di risoluzione, se non l’accordo – tutt’altro che scontato – tra i presidenti delle due Camere. L’eventuale disaccordo tra i due presidenti potrebbe quindi dare luogo ad un numero difficilmente pronosticabile di interventi della Corte Costituzionale. Anche l’inserimento del voto a data certa suscita una serie di riflessioni: se da una parte è estremamente condivisibile la volontà di porre limiti costituzionali all’uso eccessivo dei decreti legge, dall’altra esiste il rischio concreto che il voto a data certa, per com’è congegnato, ne prenda il posto conferendo al governo un forte potere di agenda coatta. Ciò rischia di ingigantire il ruolo della Consulta affidando le sorti del Paese ad un organo sì costituzionale ma non rappresentativo perché non eletto dal popolo, nemmeno indirettamente.

 

RIFORMA E RISPARMIO. Un opportuno lavoro di riscontro tra le dichiarazioni del governo e le effettive possibilità di risparmio ha fatto emergere numerose incongruenze: dal miliardo del 2014, si è scesi ai 500 milioni del 2016, mentre la Ragioneria Generale dello Stato ha indicato in 57,7 milioni annui il risparmio accertabile (derivante da abolizione delle indennità parlamentari, riduzione dei senatori e abolizione del Cnel). Quanto al resto, i 320 milioni che dovrebbero scaturire dall’abolizione delle province sono l’effetto di misure già prese due anni fa con la confusa legge Delrio (la 56/2014), attualmente in attesa di completa attuazione. Possiamo pertanto affermare che i risparmi che tutti auspichiamo siano perseguibili attraverso una decisa lotta agli sprechi ed una legislazione mirata, non con la sola riforma costituzionale che peraltro, prevedendo l’introduzione di enti di area vasta e indispensabili strutture di collaborazione per i nuovi senatori, in un futuro non molto lontano potrebbe addirittura riservare spiacevoli sorprese e produrre aumenti anziché diminuzioni di costi.

 

IL RAPPORTO STATO-REGIONI. Numerosi gli spunti a questo proposito. Il primo riguarda la rappresentatività riconosciuta alle Regioni, che attraverso la riforma rischia di risultare meramente nominale: chi garantisce che i nuovi Senatori, scelti dai partiti, perseguano solo gli obiettivi dei loro territori senza mai guardare agli interessi di partito? E ancora: la forte diminuzione delle competenze, riallocate dalla riforma allo Stato, e la cosiddetta “clausola di supremazia” indeboliscono l’istituzione regionale inaugurando di fatto una stagione fortemente centralista, in netto contrasto con l’articolo 5 della carta del 1948. In questo quadro, non convince assolutamente la scelta di evitare che qualsiasi effetto della riforma vada a toccare i privilegi delle regioni autonome. Questo porterà sicuramente ad un ulteriore aumento delle differenze tra le cinque regioni a statuto speciale e tutte le altre, disparità a nostro modo di vedere impossibili da giustificare in un momento storico del tutto diverso da quello che ne ispirò l’istituzione nell’immediato dopoguerra.

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE. Non può non costituire fonte di dubbio il fatto che la riforma in oggetto non è stata il frutto di un’ampia condivisione parlamentare. L’auspicio è che, in caso di vittoria del No, si possa avviare da subito un nuovo percorso di riforme che possa finalmente poggiare su una base di consenso molto più significativa della semplice maggioranza parlamentare e che si possa, inoltre, rivedere profondamente la legge elettorale abolendo l’Italicum. La nostra proposta è quella di riscoprire i tanti aspetti positivi che si trovavano negli elaborati di Roberto Ruffilli, lo studioso di problemi dello Stato ucciso dalle Brigate Rosse nel 1983 al quale nel maggio scorso la nostra associazione ha dedicato un interessante e riuscito convegno del quale speriamo di poter pubblicare gli atti al più presto.

La “controriforma” del Titolo V al centro dell’ultimo incontro del Cipes

22 martedì Nov 2016

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I rapporti tra Stato e Regioni, gli effetti del Titolo V riformato con la legge costituzionale del 2001 e il tentativo di porre rimedio ai conflitti di attribuzione con la “controriforma” del governo Renzi, parte integrante della legge costituzionale che saremo chiamati a giudicare con il referendum del 4 dicembre. Questi i temi che saranno affrontati durante il quarto e ultimo incontro del ciclo “Una Costituzione migliore?” in programma mercoledì 23 novembre alle ore 21 preso la sede del Cipes in Via delle Pappe, 10 a Pistoia. 
Si conclude così un’esperienza importante per la nostra associazione, nata per ragionare nel merito della riforma senza condizionamenti politici e con l’unico scopo di aiutare i partecipanti ad avvicinarsi al voto in maniera consapevole. 
 
Obiettivo centrato soprattutto grazie all’utilizzo del libro del professor Emanuele Rossi, pro rettore della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, dal cui titolo è stato mutuata la denominazione dell’intera iniziativa. Grazie anche ai suoi allievi, Luca Gori, il professor Fabio Pacini, che ha guidato i primi due incontri, ed il professor Andrea Marchetti, relatore della serata di mercoledì. Moderatore dell’incontro sarà il giornalista di TVL Riccardo Fineschi, che ha svolto egregiamente l’incarico affidatogli di condurre l’intero ciclo.

“Una Costituzione migliore?” La riforma e i conti dello Stato al centro del terzo appuntamento con il Cipes

15 martedì Nov 2016

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Prosegue con crescente successo di partecipazione l’iniziativa “Una Costituzione migliore?” voluta dal Cipes per avvicinarsi consapevolmente al referendum del 4 dicembre. La terza serata ha avuto come tema centrale “I conti in tasca alla riforma. Sarà vero risparmio?” 
 
Per entrare nel merito e provare a verificare l’entità del risparmio ipotizzata dal governo, il professor Andrea Marchetti dell’Università di Pisa ha iniziato il percorso di analisi confrontando le dichiarazioni che il presidente del consiglio Matteo Renzi ed il ministro per le riforme costituzionali Maria Elena Boschi hanno rilasciato in diversi momenti del dibattito pubblico. Al moderatore della serata, l’ormai collaudato Riccardo Fineschi, è toccato il compito di animare la serata con domande e spunti di riflessione sempre puntuali e coerenti. 
 
Dopo un’attenta verifica delle fonti e un opportuno lavoro di riscontro sono emerse numerose incongruenze tra l’entità del risparmio comunicato (un miliardo in prima battuta, di recente ridimensionato a 500 milioni di euro) e quello realmente perseguibile. La Ragioneria Generale dello Stato ha indicato in 57,7 milioni annui il risparmio accertabile (abolizione delle indennità parlamentari, riduzione dei senatori e abolizione del Cnel), il resto non presenta elementi sufficienti per effettuare un calcolo. A questo proposito però occorre segnalare che dei 500 milioni di risparmio indicati dal ministro Boschi, 320 dovrebbero scaturire dall’abolizione delle Province: l’entità della cifra dichiarata pone inequivocabilmente questo provvedimento al primo posto tra quelli in gioco, ma si tratta di misure già prese due anni fa: il superamento dell’elezione diretta dei rappresentanti politici e l’abolizione della loro retribuzione sono contenuti nella legge Delrio (la 56/2014), attualmente in attesa di completa attuazione. La riforma costituzionale elimina dalla Costituzione ogni riferimento alle province ma ne prevede la sostituzione con enti di area vasta, i cui costi al momento non sono quantificabili.
 
Un passaggio interessante del discorso del ministro Boschi alla Camera dei deputati l’8 giugno 2016 riguarda il collegamento tra le riforme costituzionali e la (futura) crescita del PIL: secondo il ministro, grazie alla riforma, il Paese avrà più stabilità, tempi certi di approvazione delle leggi e chiarezza nei rapporti tra Stato e Regioni, tutti elementi che contribuiranno alla crescita della ricchezza per i maggiori investimenti che ne seguiranno. Tuttavia tale previsione non è suffragabile da nessun dato certo, soprattutto se si tiene conto che la stabilità del governo non è mai garantibile a priori e che il nuovo Senato, per sua natura, potrà rappresentare un indirizzo politico alternativo su materie di una certa rilevanza. Quanto alla certezza dei tempi, le statistiche ci offrono un quadro chiaro sull’uso della “navette” parlamentare (nella scorsa legislatura nel 75% delle leggi non è stata necessaria) e sui tempi di approvazione delle leggi (172 giorni per le leggi di iniziativa governativa, circa l’80% del totale).
 
Chi lo desidera potrà scaricare e consultare le slide (in basso i link ai vari documenti) che il prof. Andrea Marchetti, come del resto aveva fatto in precedenza il suo collega Fabio Pacini, ha illustrato molto proficuamente nel corso della serata.
 
L’appuntamento con l’ultimo incontro è per mercoledì 23 novembre alle 21, quando affronteremo la “controriforma” del Titolo V sempre sotto la guida di Andrea Marchetti ed il coordinamento di Riccardo Fineschi.
I DOCUMENTI
La presentazione completa
Una nota sull’uso della navette in sede di approvazione delle leggi
Tempo medio di approvazione delle leggi
Statistiche relative alla produzione normativa

“I conti in tasca alla riforma” – Mercoledì 9 il terzo incontro al Cipes per votare informati

05 sabato Nov 2016

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Si parlerà di costi della politica al terzo incontro del ciclo “Una Costituzione migliore?” in programma mercoledì 9 novembre al Cipes di via delle Pappe, 10. A meno di un mese dal referendum, la guida del percorso di avvicinamento ad un voto consapevole e informato promosso dalla nostra associazione passa al professor Andrea Marchetti, docente all’Università di Pisa. Testo-guida sarà come di consueto il libro “Una Costituzione migliore? – Contenuti e limiti della riforma costituzionale” (Pisa University Press, 2016) scritto dal professor Emanuele Rossi, pro-rettore della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

La serata, intitolata “I conti in tasca alla riforma – sarà vero risparmio?”, è dedicata all’analisi del contenimento delle spese che la riforma costituzionale si prefigge di ottenere. Taglio del numero dei senatori, soppressione del Cnel e delle province: gli interventi più significativi della revisione costituzionale saranno quantificati e valutati all’interno di un quadro più generale, per capire se i provvedimenti adottati sono realmente efficaci e se fosse possibile fare qualcosa di più.

Come sempre, la conduzione della serata sarà affidata a Riccardo Fineschi di TVL. L’inizio è previsto per le ore 21, l’ingresso è libero e l’invito è rivolto a tutti.

“Una Costituzione migliore”, il secondo incontro

05 sabato Nov 2016

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Le nuove forme di procedimento legislativo introdotte dalla riforma costituzionale sono state al centro del secondo incontro del ciclo “Una Costituzione migliore?” promosso e organizzato dal Cipes – Centro d’Iniziativa Pistoiese per l’Economia ed il Sociale per offrire un contributo ragionato alla discussione pubblica in vista del referendum confermativo del prossimo 4 dicembre.
Due ore intense di “lezione” con il professor Fabio Pacini, docente alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, e le domande competenti e puntuali di Riccardo Fineschi, giornalista di TVL a cui è stato affidato il compito di presentare le quattro serate in programma.

Il superamento del bicameralismo paritario è uno dei principali obiettivi proclamati per evitare lungaggini (il problema della cosiddetta “navette”) in sede di produzione delle leggi. In prima battuta, tuttavia, si è osservato che non è tanto la “navette” il problema delle lungaggini quanto la composizione delle due camere, conseguenza diretta della legge elettorale e non della procedura legislativa. Entrando quindi nel merito della riforma, si sono passati in rassegna i vari procedimenti legislativi che si vengono a creare con la profonda modifica dell’articolo 70. Per prima cosa si è osservato che rispetto ad alcune materie il procedimento rimarrà bicamerale. Tra queste materie vi è la revisione della Costituzione: la scelta, se analizzata in relazione alla composizione del nuovo Senato, formato da sindaci e consiglieri regionali perché espressione delle autonomie, non può che creare perplessità, soprattutto pensando al nebuloso passaggio “in conformità alle scelte espresse dagli elettori”.

Passando poi alle leggi monocamerali, quelle che rappresentano la novità più concreta e che dovrebbero risultare come le più frequenti (secondo una stima del costituzionalista Stefano Ceccanti, propugnatore del Sì, la percentuale si aggira intorno al 95%), il primo problema in cui ci si imbatte riguarda la possibilità del Senato di proporre modifiche: il testo infatti non specifica come debba essere la natura di tali modifiche, se sotto forma di emendamenti o di proposte generiche affidate alla valutazione della Camera.

Si tratta di uno dei tanti aspetti di non facile interpretazione rintracciabili nel testo, atttribuibili con tutta probabilità a compromessi parlamentari raggiunti in sede di discussione della riforma. Ambiguità che aprono il terreno a una serie di interrogativi. Il primo ci proietta direttamente alla prossima legislatura, i cui sforzi è lecito supporre dovranno essere in gran parte rivolti alla gestione della nuova carta costituzionale. Il timore, non infondato se si pensa alla forte contrapposizione che si è venuta a creare tra la maggioranza di governo e le varie opposizioni oggi schierate per il No, è di un atteggiamento ostile al processo di attuazione della riforma da parte del governo in caso di diversa maggioranza alle prossime elezioni politiche.

Rimanendo in tema di leggi monocamerali, e analizzando nella fattispecie i vari casi nei quali il Senato può proporre modifiche, si incontrano una serie di modalità di iniziativa/proposta/approvazione (ordinario, con ruolo rafforzato del Senato, con intervento obbligatorio del Senato, con iniziativa del Senato e altri) che portano ad un aumento dei procedimenti legislativi con conseguente rischio di conflitti di attribuzione, per dirimere i quali non sono previsti meccanismi se non il forzato accordo tra i presidenti delle due Camere. L’eventuale disaccordo tra i due presidenti potrebbe quindi dare luogo ad un numero difficilmente pronosticabile di interventi della Corte Costituzionale.

Il secondo riguarda l’inserimento del voto a data certa: se da una parte è estremamente condivisibile la volontà del legislatore di porre limiti costituzionali all’uso eccessivo dei decreti legge, dall’altra è ragionevole prevedere un largo utilizzo del voto a data certa le cui caratteristiche, per certi aspetti, non si discostano molto dal decreto legge. Ciò conferisce al governo un forte potere di agenda, ma rimanda nuovamente alla Consulta, il cui ruolo sostanziale sembra destinato a gonfiarsi notevolmente rispetto al passato. Con il rischio concreto di affidare le sorti del Paese ad un organo sì costituzionale ma non rappresentativo perché non eletto dal popolo, nemmeno indirettamente.

Anche in questa occasione, domande e osservazioni degli intervenuti hanno dato luogo a interessanti spunti di riflessione che hanno reso il dibattito ancor più stimolante.

Il prossimo appuntamento con “Una Costituzione migliore?” è fissato per mercoledì 9 novembre: il tema sarà “I conti in tasca alla riforma – Sarà vero risparmio?”. Le serate sono aperte a tutti.

Qui il link alle slide di approfondimento messe gentilmente a disposizione dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

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