La beatificazione di Rosario Livatino, il “giudice ragazzino”

Giovedì scorso, nella seduta solenne svoltasi presso il Consiglio Superiore della Magistratura, alla presenza del Presidente della Repubblica Mattarella, è stato ricordato il sacrificio di Rosario Livatino, il “giudice ragazzino” ucciso dalla mafia a soli 38 anni, il 21 settembre 1990.


Domenica 9 maggio, anniversario della visita di Papa Giovanni Paolo II ad Agrigento (visita durante la quale Papa Woytila lanciò la sua invettiva contro la mafia con la frase “Convertitevi!”), nella cattedrale della città dei templi sarà dichiarato il martirio avvenuto “in ordine fidei” di Rosario Livatino.


Il Cipes, nel segnalare con commozione e partecipazione questo evento, invita alla lettura dei testi dedicati a Livatino (in particolare il libro recentemente uscito “Rosario Angelo Livatino. Dal «martirio a secco» al martirio di sangue” di Vincenzo Bertolone) e comunica che pubblicherà sul proprio sito il sentito intervento che il vescovo di Pistoia Monsignor Fausto Tardelli, pronunciò in occasione del convegno “Rosario Livatino, l’uomo, il giudice, il credente” che si svolse sabato 23 settembre 2017 presso la Fondazione Maic a Pistoia. Il Cipes ringrazia ancora i partecipanti a quella iniziativa, in particolare il dottor Luigi Boccia dell’ANM, la dottoressa Eugenia Di Falco – che studiò nello stesso liceo (negli stessi anni) frequentato da Livatino – e il moderatore del convegno Luigi Bardelli.

25 aprile 2021: un’intervista a Giuseppe Matulli

In occasione della Festa della Liberazione, riportiamo questa intervista a Giuseppe Matulli, presidente dell’Istituto Storico Toscano della Resistenza e dell’Età contemporanea, uscita su Repubblica Firenze.

Beppe Matulli “La festa ha senso se la politica recupera il suo ruolo”
Intervista al presidente dell’Istituto storico toscano della Resistenza

Domanda delle domande: come fare del 25 aprile una data non solo commemorativa (col rischio che, venendo via via meno i testimoni diretti, il ricordo si scolorisca, o addirittura si perda), ma “propulsiva”, patrimonio vivo capace di generare un nuovo impegno civile da parte delle giovani generazioni?
«Sì, ma a patto che la politica riscopra se stessa, e torni capace di grandi visioni prospettiche», dice Giuseppe Matulli, presidente dell’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea. «Il 25 aprile va ovviamente studiato, ricordato e celebrato, ma non gli si renderebbe merito pensando di risolvere i problemi dei figli con le risposte dei nonni».
Vale a dire?
«Intanto bisogna distinguere: storia e memoria non sono la stessa cosa. Il ricordo del passato mette in gioco l’esperienza concreta dei protagonisti, con l’inevitabile interpretazione emotiva delle vicende che li hanno coinvolti, mentre la storia si fa con i fatti, ricostruiti attraverso la memoria dei testimoni, certo, ma anche con una molteplicità di altre informazioni, che consentono di interpretarli nella loro complessità nel modo più razionale e oggettivo possibile. La rapidità dei cambiamenti, dovuti anche alle nuove tecnologie, spingono oggi a preoccuparsi innanzitutto del qui ed ora, dimenticando il passato o limitandosi a farne memoria.
Ma è un errore tragico: solo una profonda conoscenza della storia può offrire la chiave di lettura delle nuove declinazioni dei diritti violati, delle libertà individuali calpestate, delle grandi emergenze collettive, chiamando così a un impegno rinnovato. Rendendoci consapevoli, per esempio, di come nel cuore dell’Europa e del Mediterraneo siano sorti nuovi campi di concentramento per chi, non essendo nato entro certi confini territoriali, commette il “reato” di entrarci sperando in una vita migliore».

La conoscenza storica, insomma, serve a capire solo il passato, ma anche il presente, collegandoli.
«Sì, e mostrando con chiarezza che tutti i grandi temi oggi sul tappeto, immigrazioni e grande finanza, nuove tecnologie e nuove pandemie, non si risolvono più a livello nazionale, ma mondiale, e, dal punto di vista dell’Italia, esclusivamente in una dimensione europea. E che quella che un tempo era stata la lotta contro il fascismo, frutto dell’esasperazione nazionalista, deve diventare lotta contro sovranismi nuovi e fieramente antieuropei, nonché, a differenza dei nazionalismi di un tempo, transnazionali, vedi le forti similitudini fra Trump, Salvini, Orban, Le Pen, Putin. La battaglia per la libertà, oggi, è insomma una battaglia per l’Europa contro chi vuole metterla la parte».
Lo stesso scenario politico italiano è radicalmente cambiato. E dunque cosa, oggi, può ancora mobilitare energie politiche e civili come durante la Liberazione?
« Chi si batté contro il fascismo aveva come missione non di essere ” contro” il regime, ma a favore di un ideale politico, raggiungibile solo battendo il regime. Oggi i partiti non solo non hanno più le vecchie ideologie, ma nemmeno nuovi ideali, e lo stesso governo Draghi è la conferma dell’abdicazione di una politica senza più bussola di fronte alle grandi sfide. Le competenze tecniche servono eccome, ma, come ha dimostrato la lotta per la Liberazione, non bastano. Dire semplicemente ” no” alla recrudescenza globale di un ” fascismo” non tradizionale non basta, occorre dire sì a qualcos’altro, ed è appunto questo che manca: una proposta politica con una visione, centrata sui valori, di uguaglianza, di crescita solidale, applicati ai problemi di oggi. In caso contrario, il 25 aprile non mobiliterà più nuove energie». (Intervista di M.C. Carratù)

Istituto Resistenza, confermato Giuseppe Matulli alla presidenza - gonews.it

Emergenza Coronavirus: la vita sociale al tempo ​e dopo la pandemia

Coronavirus: come devono comportarsi i datori di lavoro e i...

Già da alcuni mesi il CIPES – Centro di Iniziativa Pistoiese sull’Economia e sul Sociale, presieduto da Giorgio Federighi – collabora con PoieinLab, azienda e associazione di ricerca sociale diretta da Filippo Buccarelli, a un progetto di rilevazione teso a valutare gli effetti della pandemia di Covid sulla nostra società.

Il lavoro portato avanti da PoieinLab ha già prodotto diversi dati significativi attraverso una serie di sondaggi aperti. La fase finale del programma – da qui alla fine di Aprile 2021 – cerca di capire come stiano cambiando gli orientamenti e gli atteggiamenti verso due realtà cruciali del nostro tempo: il mondo della scuola e della formazione da un lato, quello della scienza dall’altro.
Chi vuole partecipare al sondaggio è invitato a riempire il questionario cliccando nel link sottostante.

Il progetto realizzato da PoienLab e condiviso dal CIPES si avvale della collaborazione di CAMBIO-Laboratorio sulle Trasformazioni Sociali (Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Firenze).

Giorgio Federighi

SONDAGGIO

Mercoledì 7 novembre – ore 15
UNISER Via Sandro Pertini, 358, 51100 Pistoia PT

la Fondazione Its EAT – Eccellenza Agroalimentare Toscana
organizza un OPEN DAY dedicato alla presentazione di

Agri.Mktg.4.0
Corso biennale di studi, rivolto ai giovani tra i 18 e i 29 anni, orientato a formare venticinque tecnici superiori in grado di occuparsi di valorizzazione, comunicazione e marketing dell’agribusiness toscano

Il corso prevede 1.200 ore di lezioni in aula e 800 ore di tirocinio negli ambiti marketing e comunicazione da svolgere in aziende agrarie, agroalimentari e agroindustriali toscane

Inizio lezioni venerdì 30 novembre

La partecipazione all’open day è libera e gratuita

Uscire allo scoperto!?! – Incontro del 9 giugno al Nursery Campus

Carissimi,
dalla constatazione della precarietà della situazione politica attuale del nostro Paese – a nostro avviso mai così confusa dall’istituzione della Repubblica – abbiamo ricevuto la spinta per decidere di riunire alcuni amici studiosi e specialisti della materia, allo scopo di organizzare una mattinata di riflessione sui temi qui di seguito esposti.

L’idea dell’incontro è nata assai prima del precipitare degli eventi della crisi istituzionale di questi giorni che, magari, rende più attuale la nostra discussione. Non un incontro confessionale ma una riflessione da più parti sollecitata, la cui necessità è sempre più avvertita.

Questo il programma: ci ritroveremo sabato 9 giugno al Nursery Campus, dalle 9.30 alle 12.30 per discutere sulla necessità di “Uscire allo scoperto!?! – Verso un rinnovato impegno dei cattolici in politica – Giustizia ed equità stelle polari nella dottrina sociale cristiana e nella Costituzione italiana”. Da notare la punteggiatura del titolo, volutamente tra l’esclamativo e l’interrogativo. Quanto al sottotitolo, esso è invece da intendersi evidentemente esclamativo!

Abbiamo chiesto di farci da guida, introducendo e discutendo l’argomento, adEmanuele Rossi (ordinario di Diritto Costituzionale alla Scuola S.Anna di Pisa),Giuseppe Matulli (già parlamentare e vice sindaco di Firenze), Nicola Graziani(decano dei giornalisti accreditati al Quirinale), Vinicio Contini (Manager d’azienda),Tina Nuti (insegnante), Andrea Massaini (esperto di comunicazione e marketing) eIlaria Gargini (insegnante). Moderatore della discussione sarà il direttore di TVLLuigi Bardelli, il quale darà il giusto spazio anche agli interventi dei presenti.

Al centro di tutto c’è la grande lacuna che negli ultimi anni si è venuta a creare nell’offerta politica, frutto avvelenato di un processo di progressivo imbarbarimento del linguaggio, dei rapporti e in generale della classe dirigente italiana. Mai prima d’ora si era avvertita così tanto la mancanza della passione civile intesa come motore della buona politica, di persone che offrano il loro contributo alla collettività con impegno, generosità, senza secondi fini.

Vogliamo esaminare insieme se e quali risposte dare al bisogno di una politica mite, dell’opportunità di ricomporre la diaspora passando dalla fase dell'”influenza” (fallita!) a quella della creazione di un soggetto politico che riesca a unire cattolici democratici e laici moderati, un soggetto che stia al centro per dialogare con quella parte del paese che, ormai diffusa ai quattro punti cardinali, orfana di modelli e riferimenti, non riesce più a orientarsi nel panorama dei partiti e dei movimenti attuali.

Il nostro auspicio è quello di vedervi il più numerosi possibile affinché questa esperienza (per la quale nessuno ha, e pretende di avere, alcun diritto di primogenitura) possa avere un seguito. Durante la mattinata sarà attivo un piccolo buffet per chi desidera fare un coffee-break tra un intervento e l’altro.

Di seguito la locandina dell’incontro:

Un ricordo di Roberto Ruffilli a trent’anni dall’assassinio

Nella mattinata di lunedì 16 aprile, il presidente Sergio Mattarella si è recato a Forlì per ricordare la figura dell’esponente DC Roberto Ruffilli, nel trentennale dell’agguato terroristico che pose fine alla sua esistenza. Nell’occasione, al politico romagnolo è stata intitolata una piazzetta, ubicata non lontano dalla sua abitazione.

Il Cipes, nell’unirsi al ricordo del presidente Mattarella, esprime la propria soddisfazione – ed anche una punta di orgoglio – per aver percepito da tempo la tuttora grande attualità della figura e dell’opera di Ruffilli, dedicandogli un convegno nel maggio di due anni fa. All’epoca la nostra associazione presentò l’iniziativa manifestando il proprio disappunto per la scarsa considerazione ricevuta da Ruffilli e da tutto ciò che la sua memoria rappresenta. In quei giorni inserì il suo nominativo tra le figure di spicco del cattolicesimo democratico meritevoli di essere ricordate nella toponomastica del nostro comune. Proposta che – a distanza di due anni – il Cipes rinnova, invitando altresì a considerare l’opportunità di ricordare le vittime del terrorismo di ogni colore e della criminalità organizzata.

Ruffilli, intellettuale e politico di grande spessore, come collaboratore e braccio destro di Ciriaco De Mita aveva riflettuto e lavorato a lungo sul tema delle riforme costituzionali: è da ascrivere a lui uno dei più approfonditi e lungimiranti progetti di riforma dello Stato e dei vari ambiti nei quali lo stesso si articola, a partire dalla carta costituzionale e dalla legge elettorale. È soprattutto per questo motivo, per esplicita ammissione dei suoi assassini nel comunicato di rivendicazione dell’omicidio, che Ruffilli fu giustiziato. Nei giorni dell’assassinio in molti si interrogarono su chi fosse Roberto Ruffilli, troppo spesso considerato un personaggio di secondo piano della DC. Non sapendo, o forse facendo finta di non sapere, che il politico forlivese era in realtà uno dei pensatori più illuminati del panorama politico italiano. La sua stella polare era il cittadino, che con i suoi diritti ed i suoi doveri considerava il vero arbitro della democrazia, colui che bisogna sempre tenere al primo posto quando si discute di regole e riforme istituzionali. Al contempo Ruffilli ha sempre preso le distanze dal dal populismo e dai rischi dell’antipartitismo, parlando a più riprese di temere la “grande semplificazione” della democrazia diretta ed esortando al tempo stesso i partiti a dotarsi di strutture più moderne e di regolamentazioni chiare e trasparenti.

La speranza è che il compiacimento per il ricordo commosso che ne ha fatto il Presidente della Repubblica, e per la interessantissima puntata del programma di Paolo Mieli “Passato e Presente” messa in onda sempre lunedì da RaiTre, non debba lasciare il posto al dispiacere per l’oblìo nel quale lui e altri illustri membri del cattolicesimo democratico vengono purtroppo spesso relegati. A questo proposito, stupisce il fatto che, ad oggi, a nessun autore Rai sia ancora venuto in mente di dedicare al politico romagnolo una trasmissione rievocativa del suo sacrificio.

L’augurio è che l’occasione di questa commemorazione trentennale possa fornire una spinta ad un rinnovato interesse verso le idee di Roberto Ruffilli, la cui proposta di riforma dello Stato elaborata trent’anni fa è a nostro avviso ancora attuale. Un contributo, quello di Ruffilli, che anche a distanza di tutto questo tempo – se riscoperto e discusso – potrebbe far riflettere in un momento in cui la politica sembra aver smarrito la capacità di affrontare le proprie sfide con serietà ed equilibrio, soprattutto nell’ambito del dibattito sui punti cardine dell’ordinamento giuridico della nostra Repubblica. A partire dalla legge elettorale, visto il fallimento del Rosatellum che ha portato allo stallo politico a cui stiamo assistendo in questi gironi dal quale ancora non sappiamo come e quando usciremo.

Legge elettorale: mercoledì 25 ottobre al Cipes un dibattito sul “Rosatellum bis”

Intervengono Luca Gori e Andrea Marchetti della Scuola Superiore S.Anna di Pisa

È alle porte un nuovo incontro del CIPES su temi a carattere istituzionale. Mercoledì 25 ottobre, nei locali di via delle Pappe, 10 a Pistoia si torna a discutere di temi a carattere istituzionale: dalle 17,30 in poi, introdotti dal Presidente CIPES Giorgio Federighi, i dottori Luca Gori e Andrea Marchetti della Scuola Superiore S. ANNA di Pisa terranno un Seminario di Studio su “Legge Elettorale: Il Rosatellum bis serve davvero al Paese?”.

Ne sono accadute di cose dal 10 Marzo 2017 quando, all’indomani della sentenza della Corte Costituzionale che, nelle settimane precedenti, aveva dichiarato l’Italicum incostituzionale, l’associazione pistoiese aveva organizzato il Convegno sul tema “Verso una nuova legge elettorale con la partecipazione, tra gli altri dei professori Emanuele Rossi e Giovanni Tarli Barbieri, Ordinari di Diritto Costituzionale a Pisa e Firenze. In pochi mesi si è passati dall’Italicum al Consultellum e dal Rosatellum al Rosatellum bis.

Durante l’incontro, gli esperti analizzeranno le caratteristiche della legge proposta dal deputato PD Emanuele Fiano ed approvata dalla Camera nei giorni scorsi. Mentre in Senato inizia la discussione per l’eventuale approvazione definitiva, i relatori illustreranno le posizioni dei principali gruppi parlamentari ed al contempo delineare gli eventuali scenari post voto alle elezioni politiche generali che si terranno nella primavera del 2018, anche alla luce della continua evoluzione nell’assetto politico italiano.

L’inizio dell’incontro, e del dibattito che ne seguirà e’ per le 17.30, l’ingresso è, ovviamente, libero e l’invito è rivolto all’intera cittadinanza.

“Testimoni del nostro tempo” Il Cipes ricorda Rosario Livatino

Con il mese di agosto che volge al termine, il Cipes – Centro di Iniziativa Pistoiese per l’Economia ed il Sociale desidera informare che si stanno mettendo a punto gli ultimi dettagli della prossima iniziativa. Nella mattina di sabato 23 settembre dalle 8.45 alle 12.30, al Centro Fratelli Carrara della Fondazione Maic in via Don Bosco a Pistoia, il ciclo “Testimoni del nostro tempo” si arricchirà, con l’incontro in ricordo di Rosario Livatino, giovane magistrato ucciso dalla mafia nel 1990, di un nuovo importante capitolo, dopo quelli dedicati ad Alcide de Gasperi, Maria Eletta Martini, Giorgio Ambrosoli e Roberto Ruffilli.

Il “giudice ragazzino”, come viene definito in un libro ed un film a lui dedicati, entrò in magistratura a 26 anni dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza all’Università di Palermo. Come sostituto procuratore del tribunale di Agrigento aveva costantemente combattuto la mafia e la Tangentopoli siciliana, ricorrendo anche allo strumento della confisca dei beni. Cadde il 21 settembre 1990 sotto i colpi di un commando di sicari assoldati dalla Stidda agrigentina mentre si recava al lavoro senza scorta a bordo di una vecchia Ford Fiesta.

Nel corso della sua breve vita Rosario Livatino è sempre stato mosso da una forte spiritualità, aspetto fondamentale per comprendere da un lato la profonda serenità con cui ha svolto la propria attività in un contesto difficile come la Sicilia di quei tempi, e dall’altro le motivazioni che hanno portato al processo diocesano di beatificazione apertosi nel 2011. Papa Giovanni Paolo II, nel corso di una sua visita in Sicilia, lo definì “martire della giustizia”.

Ci permettiamo di invitare tutti a salvare la data di questo appuntamento e ringraziamo fin da ora coloro che vorranno e potranno partecipare. Nei prossimi giorni sarà reso noto il programma completo dell’evento.

Ballottaggio, il Cipes scrive ai due candidati a sindaco

Cari Samuele ed Alessandro,

sono stato a lungo incerto se ricorrere, nell’indirizzo di questa mia, ad un riferimento meno confidenziale rispetto a quello sopra usato.

Il motivo sta nella circostanza che non conosco Alessandro, se non di vista e solo attraverso quanto ho letto di lui ed anche con Samuele, con il quale ho condiviso lunghi periodi in Consiglio Comunale, non ho più avuto consuetudine dal 2007, con lui personalmente ma anche con l’Ente locale che lui presiede, in maniera tale da permettere particolari rapporti di cordialità e confidenza. Anche il piccolo, modesto CIPES, nell’attività in campo economico e sociale che ha svolto in questi anni, non ha avuto quasi mai modo ed occasione di rivolgersi al Comune, se non quando chiese, anni fa, di allestire una mostra in ricordo di Alcide De Gasperi nelle sale al pianoterra del Comune (ricevendo una cortese, compresa, ma un po’ burocratica risposta di diniego solo dopo 5-6 mesi rispetto alla data assai in anticipo richiesta e segnalata) o quando si propose di intitolare un luogo pubblico alla memoria di Giorgio Ambrosoli (da non so quale Commissione, mi dicono, ritenuto, insieme ad altri, figura “non attinente al territorio”). Chissà se lo stesso risultato avremmo avuto se avessimo chiesto di ricordare, insieme ad altre figure del cattolicesimo democratico, il sacrificio di Roberto Ruffilli.

Ho usato il “Cari Samuele ed Alessandro….” non solo perché, ahimè per me!, c’è più di una generazione di differenza di età con voi, ma anche perché, e soprattutto, il SINDACO, chiunque esso sia e sarà, è e dev’essere il più possibile l’amico (non l’amicone!), il punto di riferimento (non il confidente!) per coloro che della comunità civile della quale lui è a capo fanno parte. Non è un mistero, l’abbiamo detto pubblicamente, che, al primo turno, come CIPES, abbiamo scelto di appoggiare la candidatura di Roberto Bartoli. Lo abbiamo fatto, partendo da una frase di Giorgio La Pira da lui citata che qui mi permetto di riproporre alla vostra attenzione:

“La città è una casa comune in cui tutti gli elementi che la compongono sono organicamente collegati, come l’officina, la cattedrale, la scuola, l’ospedale; tutto è parte di questa casa. Il compito di chi guida la città è pensare, meditare prima di progettare, e se non lo facciamo siamo soltanto dei direttori generali. Questa casa va amata perché in essa abitiamo e in essa abiteranno le generazioni future alle quali va consegnata preservata ed arricchita”.

Una frase che mi sembra condensi in maniera mirabile, in poche righe, la vocazione, il ruolo, il compito di un Sindaco. Per inciso, vorrei anche dire che Giorgio La Pira fu troppo frettolosamente e talvolta ambiguamente definito il “Sindaco Santo”, con ciò da qualcuno intendendo maliziosamente sminuire la sua attività concreta che invece, ne sono stato in qualche misura testimone, contribuì in maniera significativa allo sviluppo ed alla crescita di una città complessa come quella di Firenze, contornato nella sua azione quotidiana da figure di grande rilievo (tra le altre quelle di Fioretta Mazzei, Nicola Pistelli e Pino Arpioni…), che con lui collaboravano, in grande armonia ed unità d’intenti, nell’affrontare le difficoltà concrete che un Sindaco, ogni giorno, si trova ad affrontare.

Tutte le mattine, ed anche più volte al giorno, per vari motivi, passo davanti ad un luogo che ha un significato tutto particolare nella storia della città, ed anche nella mia vicenda personale. Si tratta di Piazza Giovanni XXIII (ora Santo!). Su di essa si affaccia il Fregio Robbiano, con le formelle celeberrime in tutto il mondo per la rappresentazione delle opere di misericordia corporali, paradigma ispiratore della dottrina sociale cristiana, i cui punti essenziali sintetizzati in una specie di decalogo, da affrontare in una serie d’incontri che il CIPES intende organizzare nel prossimo autunno.

Lì, in quella piazza, oltre 50 anni fa la città intera visse un’esperienza assai interessante e significativa. Il Vaticano emise una serie di francobolli celebrativi del pontificato di Giovanni XXIII raffiguranti, appunto, le opere di misericordia corporale con le formelle del fregio robbiano. Da lì l’idea di un gruppo di amici di proporre al Comune di Pistoia, che l’accolse, l’idea di intitolare al “Papa buono” la piazzetta davanti all’ingresso dell’Ospedale del Ceppo. Il che avvenne con una commovente cerimonia alla quale presiedette proprio Giorgio La Pira.

Ho letto che l’unico confronto tra voi due candidati al ballottaggio si svolgerà nela sala auditorium della MAiC, fondazione quest’ultima la cui attività rappresenta il momento attuale di quel percorso che, sotto la guida di Don Renato Gargini, nei decenni, e con varie articolazioni, proprio da Piazza Giovanni XXIII partì. Mi sembra una scelta opportuna e significativa.

Il nuovo funzionale centro rappresenta una vera eccellenza, talvolta non adeguatamente apprezzata, del nostro territorio. Entro la fine dell’anno la MAiC concluderà i lavori di ristrutturazione anche della vecchia sede che si affaccia su via San Biagio, rendendo il complesso ancor più bello e funzionale, vanto ed emblema del “privato sociale” nell’intero nostro Paese.

Anche all’esito di questo confronto sarà legata la nostra scelta definitiva per il 25 giugno, non essendoci, nel nostro DNA, la propensione ad “andare al mare”, votare bianco, o ancor peggio nullo ma nemmeno quella di cancellare con un getto di spugna le perplessità che ancora abbiamo sia nello scegliere Bertinelli, per la valutazione del quinquennio che ora si conclude, sia nel votare Tomasi, per certi aspetti del suo programma che non condividiamo. Ma anche per le evidenti differenziazioni, certamente a destra, ma anche a sinistra, tra i principi del popolarismo cristiano ed almeno alcuni dei movimenti politici nazionali che, dall’una e dall’altra parte, sostengono i due candidati al ballottaggio. Ci penseremo, rifletteremo, ed alla fine, speriamo bene!, decideremo.

Concludo questa chilometrica lettera proprio ripartendo dalla piazza dell’Ospedale e dalla MAiC, formulando l’auspicio che l’anno di Pistoia Capitale Italiana della Cultura possa concludersi con l’inaugurazione della struttura completa. Non voglio farmi prendere dall’enfasi ma sarebbe, a mio avviso, una splendida chiusura, a dimostrazione che la cura e l’attenzione verso l’handicap sono “cultura” vera, concreta, duratura e sostanziale. Magari con una riflessione la più approfondita ed unitaria possibile, anche con una riunione del Consiglio comunale all’interno del Centro, durante la quale sviscerare le problematiche concrete, da tutti noi spesso evocate ed elencate, che gli “ultimi” quotidianamente pongono a chi si trova ad amministrare una città!

Giorgio Federighi